Periostite Tibiale nei Runners

Il termine “periostite tibiale” indica un’infiammazione del tessuto connettivo che avvolge la tibia; questo termine è però comunemente usato per descrivere un dolore mediale nel terzo distale della tibia, che può avere diverse origini oltre allo stress dell’osso, come un’infiammazione dell’inserzione del muscolo tibiale posteriore, del muscolo soleo, un problema della microcircolazione vascolare, un intrappolamento nervoso od un aumento della pressione intracompartimentale; da qui i diversi sinonimi come Sindrome da stress mediale della tibia o Shin Splint.
Il sintomo principale è il dolore sul lato interno della gamba, spesso in una zona ben definita a ridosso del margine mediale della tibia (lo “spigolo osseo” che si può palpare dall’interno della gamba, poco sopra il malleolo). Il dolore è causato da gesti ripetitivi di atterraggio e decollo su una superficie dura o irregolare, ed è infatti molto diffusa tra i corridori e tutti gli sport dove si corre per periodi medio-lunghi. Questo dolore peggiora ad ogni momento di contatto del piede al suolo . I sintomi esordiscono da un solo lato, ma spesso diventano presenti in entrambe le gambe.
In un primo momento il paziente sente dolore solo all’inizio dell’allenamento , ma con il cronicizzarsi della problematica il dolore diventa presente anche a riposo. In alcuni casi possiamo anche vedere un certo grado di gonfiore.
E’ di fondamentale importanza fare un’adeguata diagnosi differenziale per escludere altre patologie che possono dare sintomi simili, come ad esempio fratture da stress della tibia, infezioni, tumori ossei od una sindrome compartimentale.
La periostite tibiale è comune in quegli atleti che compiono errori di allenamento, specialmente quando avviene un aumento eccessivo della distanza di corsa o della velocità, superando troppo repentinamente le proprie potenzialità; anche un peso eccessivo sembrerebbe essere correlato ad un maggior rischio di sviluppare la sindrome.
In molti casi il trattamento conservativo fisioterapico dà buoni risultati; a volte, nei casi recidivanti più gravi, si deve però ricorrere alla chirurgia, la quale non sempre può risolvere completamente il quadro, ma migliora sensibilmente il dolore e la funzionalità.
Nella fase acuta iniziale, è opportuno un periodo di stop dell’attività che scatena il dolore (da 1 a 4 settimane), l’utilizzo del ghiaccio e di pomate antinfiammatorie, a cui si possono abbinare terapie fisiche come la diatermia (TECAR) per velocizzare i tempi di recupero; superata la fase acuta è importante, prima di riprendere l’attività sportiva, sottoporsi ad una valutazione fisioterapica per analizzare le possibili cause biomeccaniche e funzionali, per non rischiare una ricaduta e di rendere cronico il dolore; in particolare per i runners, si deve valutare la conformazione del piede, la mobilità articolare di anca/ginocchio/caviglia ed analizzare la biomeccanica della corsa, intervenire con trattamenti manuali per correggere eventuali limitazioni e con esercizi specifici per riadattare l’atleta al carico. E’ possibile anche eseguire un bendaggio di scarico da utilizzare le prime volte che si riprende a correre.
Per prevenire questo (ed altri) infortuni, è sempre bene ricordarsi di aumentare con progressione le distanze o la velocità di corsa!