La “pubalgia” nello sportivo: facciamo un po’ di chiarezza

La “pubalgia”, meglio definita come Sindrome retto-pubo-adduttoria, è un termine generico utilizzato per identificare un dolore da sforzo all’inguine o al pube, laddove dall’anamnesi e dall’esame fisico non sia possibile identificarne una causa specifica.
E’ una condizione piuttosto comune negli atleti, soprattutto in quegli sport che richiedono rapidi cambi di direzione durante la corsa.
La difficoltà nell’individuare una causa specifica è dovuta al fatto che segni e sintomi di diverse patologie sono molto simili tra loro e la presenza di varie strutture ravvicinate in una piccola area determina la possibilità che siano presenti più cause, spesso tra loro correlate; è importante quindi fare una diagnosi differenziale escludendo altre patologie come un’ernia inguinale, problemi dell’anca, fratture, lesioni muscolari o problematiche neurologiche.
Secondo le ipotesi biomeccaniche più accreditate, una possibile causa della sindrome retto-pubo-adduttoria è uno squilibrio delle forze dei muscoli che si inseriscono a livello della sinfisi pubica, in particolare il retto dell’addome e l’adduttore lungo; questo squilibrio muscolare, associato eventualmente ad uno scarso controllo pelvico, sottopone la muscolatura stabilizzatrice a carichi elevati con rischio di sfociare in questa disfunzione. Anche la presenza di microtraumi ripetuti, per esempio in chi corre su terreni scoscesi o in discese ripide, viene considerata una possibile concausa della patologia.
Il trattamento risulta essere particolarmente complicato; infatti anche consultando la letteratura scientifica non esiste un “gold standard” su quale sia il trattamento più efficace.
Una serie di studi ha però dimostrato come l’utilizzo di esercizi specifici per i muscoli adduttori, retto dell’addome e stabilizzatori del bacino siano utili a consentire un ritorno all’attività sportiva pre-lesionale, anche se in tempi relativamente lunghi (2-6 mesi). Anche l’utilizzo di tecniche manuali, come stretching, massaggi, manipolazioni e terapia fisica sembrerebbe essere utile nella riduzione del dolore, soprattutto nel breve termine.
Nella mia pratica clinica, utilizzo quindi una combinazione di tecniche manuali, terapia fisica (TECAR) ed esercizi terapeutici (che il paziente eseguirà poi anche a casa), con un incontro a settimana, per almeno 1 mese.
Come consiglio pratico ai lettori, suggerisco di non sottovalutare la presenza di un dolore inguinale intenso durante l’attività fisica: è importante fare un periodo di stop di almeno 8 giorni per non rischiare di cronicizzare la sintomatologia, e rivolgersi ad un buon Fisioterapista che sia in grado, oltre che trattare manualmente la zona, di elaborare un programma specifico di esercizi, a cui il paziente dovrà scrupolosamente attenersi per ottenere i migliori risultati.