Epicondilite e dolore al gomito: che cos’è, come si cura

Il Gomito del Tennista
L’epicondilite, chiamata anche “gomito del tennista”, è la più comune sindrome da sovraccarico del gomito; essa si presenta come un dolore nella parte laterale-esterna del gomito, che può essere localizzata in un punto ben preciso oppure diffondersi lungo l’avambraccio, raramente arrivando fino al polso ed alle dita.
Il dolore si presenta inizialmente solo durante alcune attività manuali, ma può arrivare ad essere presente anche a riposo, ed associarsi ad una perdita di forza della presa della mano.
Anche se definita gomito del tennista, soltanto il 5% delle epicondiliti insorge in giocatori di tennis; la causa più comune di questa patologia è l’esecuzione di gesti manuali ripetitivi, come l’uso del computer, il sollevamento di pesi, l’utilizzo di strumenti da lavoro, e di tutte quelle attività che causano un sovraccarico ripetitivo dei muscoli estensori del polso e pronatori dell’avambraccio; per questo è molto comune nelle persone che svolgono lavori manuali come elettricisti, carpentieri o giardinieri, o in chi si cimenta per la prima volta in attività manuali ripetitive e prolungate senza un adeguato allenamento (ad esempio, in chi decide di dare da solo il bianco in casa).
Il Gomito del Golfista
Quando il dolore è invece localizzato nella parte interna del gomito, parliamo allora di epitrocleite o gomito del golfista; si tratta pressappoco della stessa patologia, solo riguardante altri muscoli dell’avambraccio (i flessori di polso anziché gli estensori).
L’epicondilite è comune in entrambi i sessi, soprattutto nella fascia di età tra i 30 ed i 50 anni; colpisce maggiormente il braccio dominante, e come detto in precedenza è correlata al tipo di attività lavorativa o agli hobby che richiedono movimenti manuali ripetitivi o pesanti.
La Cura
Nel 20% dei casi, se non opportunamente trattati, il dolore persiste oltre ad 1 anno.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la sola sospensione dell’attività provocativa ed il riposo non è la soluzione ideale del problema, se non nella fase acuta; diverse ricerche hanno infatti dimostrato come il migliore intervento sia l’abbinamento di trattamenti manuali e di esercizi terapeutici, mentre il solo riposo provoca frequenti ricadute una volta ripresa l’attività.
Il trattamento manuale
Il trattamento manuale consiste in una serie di interventi come mobilizzazioni articolari, massaggi, manipolazioni, frizioni profonde del tendine, stretching, con lo scopo di diminuire il dolore nel breve termine e di ripristinare la corretta vascolarizzazione ed elasticità delle strutture coinvolte.
Gli esercizi terapeutici
Gli esercizi terapeutici hanno invece lo scopo di “riabituare” i tendini e le strutture coinvolte a sopportare i carichi, in modo da poter riprendere le attività abituali senza il rischio di ricreare un sovraccarico.
E’ stato dimostrato che gli interventi manuali associati agli esercizi terapeutici sono più efficaci delle infiltrazioni di corticosteroidei per quanto riguarda la riduzione del dolore e la ripresa della forza; in particolare, le iniezioni di corticosteroidei hanno dimostrato un buon effetto nell’immediato, ma un cattivo risultato nel medio e nel lungo termine.
Anche alcune terapie strumentali come le onde d’urto e la TECAR hanno dimostrato avere dei discreti effetti positivi sul dolore in questa patologia, e sono quindi da considerare validi coadiuvanti nella gestione delle epicondiliti/epitrocleiti.
IN SINTESI
– Quando il dolore è nelle sue fasi iniziali, è bene sospendere o modificare l’attività che provoca il dolore
– Se il dolore persiste oltre 1 settimana, la miglior opzione terapeutica è quella di effettuare al più presto un programma di esercizi specifici e di trattamenti manuali
– L’utilizzo di infiltrazioni, salvo alcuni casi recidivanti e non rispondenti ai trattamenti fisioterapici, sono sconsigliate